Il televisore tenuto basso continua a martellargli le meningi con la storia delle elezioni presidenziali. Chiacchiera riguardo un tentativo di aggressione a qualche stronza che probabilmente se l'è pure cercata. Le vacche con la gonna stretta e i tacchi alti che scalano i gradini del potere a suon di lavoretti di bocca sotto le scrivanie gli sono sempre state antipatiche. Il cellulare sul tavolo vibra per la quarta volte e gli occhi stanchi lo inchiodano con la stessa furia con cui vorrebbe scagliarlo fuori dalla finestra. La testa pulsa, i resti rugginosi in gola di una serata che ha dimenticato dopo l'ultimo scambio di sms con Jody.
- Ha una figlia. Fuck me.
Si lamenta, facendo cigolare pesantemente la sedia su cui è appollaiato, in boxer e canottiera intento a litigare con la ciotola dei cereali. La casa è un macello, dovrebbe anche mettersi in animo di pulirla ma appena ci pensa gli sale alla mente la voce del vecchio che gli ricorda come quello sia lavoro da femmine. Sfiata, disturbato e scarica una risata frustrata e nervosa. Lascia il cucchiaio nella ciotola e si prende il cellulare, chiudendosi in bagno con la sigaretta. Siede sulla tazza e fissa il display combattuto. Racimola frammenti di lucidità ad ogni tirata di fumo e poi si decide a rispondere, con un piede puntellato sulla vasca scheggiata e l'altro che batte all'impazzata contro le piastrelle verdi del bagno padronale.
- Ehi.
- Dove sei?
- Che vuoi?
- E' il compleanno di tuo figlio, hai intenzione di farti vedere?
- Devo lavorare, Ann.
- Ma ti vuole vedere. Non puoi fare uno strappo almeno questa volta?
- Potrei se tu la smettessi di starmi col fiato sul collo per qualche arretrato, Cristo santissimo.
- Quei soldi ce li devi.
- Yeah, well dato che non ho ancora imparato a cagarli, potresti anche ricordare a quella merda di tuo fratello di farmi sapere qualcosa per quel carico.
- Tu vieni al compleanno di Sawyer e gliene parli di persona.
Gratta i polpastrelli contro la guancia, restando in silenzio per sentire il raschiare del respiro e della barba. Il nervosismo gli ha gonfiato le vene del collo, arrossato le orecchie che hanno preso a fischiare nemmeno l'avesse investito un'esplosione ravvicinata.
- Jade?
- I'm here.
- Ci vediamo alle otto, vedi di farti la barba. E prendigli la camaro gialla.
Chiude la telefonata passandosi la mano tra le onde rese dorate dai riflessi della lampadina ad incandescenza che ancora penzola senza alcun lampadario dal soffitto scrostato. Le dita ruvide e callose raschiano la barba troppo lunga e mal tenuta, cercando la pelle al di sotto. Sospira, alzando lo sguardo nell'implorare un po' di pazienza da Dio, quella che gli è sempre mancata. La stretta della mancina attorno al cellulare è ferma, talmente tanto che le nocche sono sbiancate e c'è un tremore evidente che gli coinvolge tutta la spalla. Ingoia frustrazione e nervosismo ma cede, come il perdente che è. Cede sotto il peso delle debolezze. Si fissa nello specchio, affila un sorriso arcigno poco prima di sospirare.
- Mi ci sputo in faccia da solo, tranquilla.