Ha perso il conto delle docili testate che ha tirato alla parete della doccia di Noah. Le braccia abbandonate lungo i fianchi e gli occhi stretti. Conta i rintocchi, in numero preciso di neuroni che ammazza ogni volta che fa impattare la fronte ampia e contratta contro le piastrelle. I sanitari neri sembrano ricordargli qualcosa di alieno, lucido e privo di volto che gli getta addosso un senso di mostruosa incertezza. Di cose, in vita propria, ne ha viste, ma quella supera ogni sua immaginazione. E nel pensare ha perso il conto. Pianta i palmi delle mani contro la parete, ferma il flusso d'acqua nemmeno troppo calda e si lascia scorrere addosso il peso di una nottata da dimenticare. La voce della donna nella propria testa, il sorriso d'oro del pappone - Dio Signore perchè non glieli ho fatti saltare tutti quei dannati denti? - e poi il frullo delle ali, il mostro dal cranio oblungo di cui non sa nulla e che non ha mai visto pur essendo incastrato tra i suoi peggiori incubi tra le bombe e il precipitare. Gonfia il petto di un respiro denso, scivolando fuori per strofinarsi con quello che Noah gli ha concesso. Annusa la pelle e sente ancora, pregnante, l'odore del cassonetto in cui si è tuffato per trovare riparo come una trincea nel fango.
E' spossato. Più di quanto pensasse. E voleva solo fare un giro, trovare un po' di distrazione a cinquanta, sessanta dollari la dose. Si infila la maglietta che il medico gli ha prestato, restando a fissarsi allo specchio con un misto di fastidio che non riesce a levarsi di dosso. Il senso di insoddisfazione per non aver schiantato le nocche contro il naso del tizio gli scava dentro come un tarlo, rendendolo più che mai incline ad annientarsi con alcol e droga più di quanto non ne sentisse il bisogno prima. Sfiata una risata contratta, amareggiata e carica di astio passando le dita ruvide sulla fronte.
- Certo che hai un senso dell'umorismo tutto tuo, sai? Tra tutte le cose che potevi farmi capitare, proprio questa? A volte vorrei che mi spiegassi che diavolo ti ho fatto. Non mi sembra di essere poi così cattivo. Ammetto di non essere uno stinco di santo, non lo ero nemmeno da bambino ma non ho mai avuto altro dio al di fuori di te, ho onorato.. va beh, quando se lo meritavano, non rubo consapevolmente, l'unico peccato che potrei vestire senza ribattere è il desiderare le donne d'altri, ma poi sarebbe colpa mia davvero se sono tutte troie?
Il monologo va avanti per un po', ma Noah non sembra preoccuparsi, anzi, sembra totalmente dimentico della sua presenza. Quando finalmente emerge dal bagno, lavato e grattato fino a scorticarsi la pelle pallida, lo intravede tutto concentrato a fare altro. Gli è piombato in casa con la furia inconsapevole di un tornado, scaricandogli il pacco tra le mani come farebbe un Quarterback con il suo Runningback, stretto stretto nella giacca per infilarsi senza cerimonie in casa sua. Non ha pensato. Aveva solo bisogno di rientrare alla base e - con la casa invasa dai parenti - non ha avuto altre vie d'uscita. Il bambino lo ha scaricato a lui, trovando quantomeno la lucidità di ricordare che magari non è sano per un cosetto di qualche mese stare in un cassonetto, anche se ha il dubbio che il suo essere blu e avere le ali possa in qualche modo renderlo immune dalle malattie schifose che ci stanno lì. Studia il profilo di Noah che tiene la creatura come fosse la cosa più naturale del mondo e si rende conto che lui, come padre, fa proprio pena.
Mentre si abbandona in compagnia di una birra desiderando ardentemente di aver portato a termine la propria missione per la serata miseramente fallita, continua cocciutamente a rifiutare i tentativi di mediazione del tedesco. Gli occhi lo studiano, disinteressandosi della creatura alata che ha recuperato in un cassonetto, dimenticandosi di quella voce che continua a vibrargli tra le pareti del cranio e aggrapparsi a quella stupida pietà che gli hanno inculcato a calci nel didietro a catechismo.
Non ne vuole sapere e Mutiny è l'unico posto in cui sembra normale portare una cosa simile. Non riesce a considerarlo un bambino, per quanto i lamenti, le risatine e i vagiti siano in tutto e per tutto simili a quelli di Sawyer e Mason quando avevano quell'età, non ce la fa. Le viscere gli si contraggono ogni volta che quelle benedette ali frullano di divertimento elettrico, scaricandogli un senso di pulsante e crepitante odio e malumore. Storce il naso, si scola un paio di bottiglie e poi lascia che sia l'inedia a fare il resto, incastrare la sua sagoma sul divano di Noah e trovarsi a morire di sonno nel giro di poco.
Si risveglia di scatto, con i denti sporgenti in una calotta allungata lucida e dal riverbero metallico che gli colano bile e bava sulla faccia e poi di nuovo spalanca gli occhi chiari. Affonda le dita tra i ciuffi scomposti e inguardabili, recupera le proprie cose in una busta di plastica per scaricarle in lavanderia e stare lontano da quella 'cosa blu' per un po', confidando nelle ben più consumate abilità di Noah come tutore. Resta seduto in silenzio ad osservare le lavatrici e le asciugatrici cariche che girano e girano e girano rumoreggiando di fremiti metallici mentre la sua testa continua a navigare in un'indifferenza ovattata, scacciando ogni ricordo e incastrando idee ed emozioni nel fondo di un pozzo cupo. Evita accuratamente di ricordare quella volta in cui Marcus gli fece vedere le ali di sorpresa, costringendolo a fracassargli il naso con un pugno per lo spavento e ricevendo dieci cinghiate per espiare al colpa. O quella volta che Marcus svolazzava in giardino e lui con il fucile a pallini lo ha abbattuto come una cornacchia, così che il Colonnello fu costretto a spaccarglielo sulla schiena, il suo fottutissimo giocattolo.
- Fottute piume. Fottute ali.
Il lamento sconsolato gli scarica tra le scapole un brivido di invidia che trasforma rapidamente in odio cocente. Finito il ciclo, recupera le proprie cose e torna a prelevare il bambino. Se lo vogliono se lo vadano a prendere a Mutiny. Lui di certo questa responsabilità non la vuole e non l'accetta: Dio si trovi un altro samaritano.