Ancora gocciolante si fa accecare dalla luce del frigo. Infila la testa oltre lo sportello per studiare i ripiani semideserti e ficcarsi in bocca uno di quei pezzi di formaggio stringato che dovrebbe sapere di cheddar ma è più vicino alla plastica, recuperando la penultima bottiglia di birra. Chiude con un colpo del tallone, reggendo l'asciugamano attorno la vita mentre le gocce gli colano lungo le guance, raggrumandosi tra la barba incolta. Schianta il collo della bottiglia contro il bordo del ripiano, facendo saltare il tappo senza cerimonie. Raggiunge la poltrona grigio topo che ha ereditato dal nonno, abbandonandosi lì senza premura, sentendola cigolare pesantemente. Lo è sempre stata, comoda, ma dormirci non è una buona idea. Il telecomando è troppo lontano, come lontana è la voglia di uscire di casa e andare a lavorare all'hangar. Una birra è quello che gli ci vuole per darsi una svegliata mentre fuori dalle finestre con le tende pesanti calate inizia a brillare il nuovo giorno. Qualcosa gli vibra sotto al sedere, il telefono schiacciato nella fessura laterale della poltrona. Reclina la testa all'indietro, rubando un lungo sorso per accostare l'apparecchio all'orecchio e sentire la voce melliflua del proprio fratello solleticargli un ribrezzo lancinante che gli si conficca nelle costole.
- Ciao fratellino.
- Marcus
- Tra una mezz'ora siamo da te?
- Come scusa?
- Ann non te l'ha detto? Veniamo a trovare Sawyer per il suo compleanno, il colonnello si è liberato.
- E dove vorreste stare?
- Che domande sono? Da te, ovvio.
- Ovvio. Non ne sapevo nulla, e non sono in casa. Potevi almeno chiamarmi prima.
- Se l'avessi fatto ti saresti dato alla macchia come stai facendo ora.
- La chiave sai dove sta, cercate di non sconvolgere tutto.
- Jade...
- Cristo Santissimo non ti ci mettere anche tu!
- Right, nostra madre non sarà felice.
- She never was and never will be.
- Ti conviene muoverti se vuoi svanire per tempo.
- Fanculo.
Attacca in fretta e furia lanciando il telefono sul divano. In pochi minuti è vestito, con la maglietta che gli si appiccica addosso per via della pelle ancora bagnata e i jeans che non vogliono infilarsi. Ha imparato a vestirsi in fretta per forza di cose, nell'esercito se non sei perfetto e in piedi per quando arriva l'ispezione ti spezzano la schiena e lui, dopo le prime botte di insubordinazione potente, ha dovuto piegare il capo e adeguarsi ai ritmi imposti dalla vita militare, non dissimile poi da quella di casa. Si tira dietro la porta, trascinando la giacca sulla spalla e controllando di avere il minimo indispensabile per sopravvivere un paio di giorni fuori casa. Tanto dovrebbe bastare alla sua famiglia per stancarsi e ritirarsi in quel buco della Virginia da cui arrivano.
Fa un paio di chiamate, provando a scroccare un posto senza però scendere troppo nei dettagli. Non che ci speri davvero, in fondo conosce la propria fortuna e sa che quando davvero ha bisogno tutta la disponibilità del mondo sparisce, chi ha la madre a casa con la gamba rotta, chi la peste nera, chi il cane che gli si è ingoiato la chiave. Le scuse fantasiose lo portano ad accarezzare l'idea di avere degli amici di merda, ma poi ricorda con un sorriso e una sfiatata che lui, di amici, non è che ne abbia davvero. Camminando per il South senza una reale direzione in cui andare alla fine viene a sapere di un posto. Necessità e curiosità lo spingono fino alla riva dello Schuylkill. E' lì che incrocia la strada della Regina di Cuori. Si pianta nel fondo delle pupille mobili il disegno di una mela rossa e succosa retta da artigli di matrona, la linea all'insù di un naso delizioso, la bocca larga affilata e decisa come una coltellata e il sarcasmo docile di una persona che sa quello che vuole e come ottenerlo. Si lascia studiare e la lascia scavare con l'indifferenza di chi gli scheletri è costretto a chiuderli a calci nell'armadio e spesso non è abbastanza capiente per contenerli tutti. Trova un posto dove stare, senza troppe domande, senza troppe limitazioni salvo quella di non spaccare i coglioni agli altri ma non dovrebbe costargli troppa fatica - sempre che gli altri non li spacchino a lui, allora però non si può ritenere colpevole no? - ma non è solo quello. Trova uno squarcio di quiete. Una corsa sfrenata in sella ad una moto non sua, la libertà strappata a rombi e sgommate, a sferzate d'aria talmente violente da impedire di respirare e le unghie sottili di una esile bionda a richiedere ancora, a spingere oltre il limite. L'equilibrio nello squilibrio di corpi che trovano sincronia in battiti iniettati di adrenalina, un usignolo che si libra in cielo, libero, prima di tornare alla grigia quotidianità di una vita tra i palazzi fatiscenti e l'odore dell'asfalto. Quando si separa dalla Regina del Castello gli occhi di lei sono lucidi, ammalianti e pieni d'intrigo. Si trascina di violenza verso la propria stanza a levare la polvere e scrollarsi di dosso la sensazione di inquietudine, di aver concesso uno spiraglio troppo ampio a qualcuna dagli artigli affilati e dotata di una fame che non potrebbe mai colmare.
- Ti conviene muoverti se vuoi svanire per tempo.
- Fanculo.
Attacca in fretta e furia lanciando il telefono sul divano. In pochi minuti è vestito, con la maglietta che gli si appiccica addosso per via della pelle ancora bagnata e i jeans che non vogliono infilarsi. Ha imparato a vestirsi in fretta per forza di cose, nell'esercito se non sei perfetto e in piedi per quando arriva l'ispezione ti spezzano la schiena e lui, dopo le prime botte di insubordinazione potente, ha dovuto piegare il capo e adeguarsi ai ritmi imposti dalla vita militare, non dissimile poi da quella di casa. Si tira dietro la porta, trascinando la giacca sulla spalla e controllando di avere il minimo indispensabile per sopravvivere un paio di giorni fuori casa. Tanto dovrebbe bastare alla sua famiglia per stancarsi e ritirarsi in quel buco della Virginia da cui arrivano.
Fa un paio di chiamate, provando a scroccare un posto senza però scendere troppo nei dettagli. Non che ci speri davvero, in fondo conosce la propria fortuna e sa che quando davvero ha bisogno tutta la disponibilità del mondo sparisce, chi ha la madre a casa con la gamba rotta, chi la peste nera, chi il cane che gli si è ingoiato la chiave. Le scuse fantasiose lo portano ad accarezzare l'idea di avere degli amici di merda, ma poi ricorda con un sorriso e una sfiatata che lui, di amici, non è che ne abbia davvero. Camminando per il South senza una reale direzione in cui andare alla fine viene a sapere di un posto. Necessità e curiosità lo spingono fino alla riva dello Schuylkill. E' lì che incrocia la strada della Regina di Cuori. Si pianta nel fondo delle pupille mobili il disegno di una mela rossa e succosa retta da artigli di matrona, la linea all'insù di un naso delizioso, la bocca larga affilata e decisa come una coltellata e il sarcasmo docile di una persona che sa quello che vuole e come ottenerlo. Si lascia studiare e la lascia scavare con l'indifferenza di chi gli scheletri è costretto a chiuderli a calci nell'armadio e spesso non è abbastanza capiente per contenerli tutti. Trova un posto dove stare, senza troppe domande, senza troppe limitazioni salvo quella di non spaccare i coglioni agli altri ma non dovrebbe costargli troppa fatica - sempre che gli altri non li spacchino a lui, allora però non si può ritenere colpevole no? - ma non è solo quello. Trova uno squarcio di quiete. Una corsa sfrenata in sella ad una moto non sua, la libertà strappata a rombi e sgommate, a sferzate d'aria talmente violente da impedire di respirare e le unghie sottili di una esile bionda a richiedere ancora, a spingere oltre il limite. L'equilibrio nello squilibrio di corpi che trovano sincronia in battiti iniettati di adrenalina, un usignolo che si libra in cielo, libero, prima di tornare alla grigia quotidianità di una vita tra i palazzi fatiscenti e l'odore dell'asfalto. Quando si separa dalla Regina del Castello gli occhi di lei sono lucidi, ammalianti e pieni d'intrigo. Si trascina di violenza verso la propria stanza a levare la polvere e scrollarsi di dosso la sensazione di inquietudine, di aver concesso uno spiraglio troppo ampio a qualcuna dagli artigli affilati e dotata di una fame che non potrebbe mai colmare.