I primi bagliori del nuovo giorno lo accolgono mentre il portone di Mutiny gli si richiude rumorosamente dietro le spalle, costringendolo a trasalire. Le dita pizzicano il colletto della giacca, sollevandolo per raschiare i polpastrelli contro il filo di barba sottile che ha già iniziato ad intaccargli il profilo nuovamente. Tira su col naso, incastrando i pugni nelle tasche e scavando con foga alla ricerca delle sigarette, senza ricordare che l'ultima se l'è fumata al locale. Si tuffa nella macchina che non gli appartiene - uno sgargiante new beetle cabrio rosso - mettendo a soqquadro il cassetto del cruscotto e i contenitori nelle portiere per cercare una dannata sigaretta. E' lì che inquadra la piccola pistola. Le parole di Mare gli martellano tra le tempie alleggerite. Stringe le labbra e si incastra come può nell'abitacolo, disarmando la pistola per sicurezza, la propria ovviamente. Si mette seduto e controlla il cellulare adocchiando la tempesta di messaggi sempre più minacciosi deve organizzarsi mentalmente come gestire la situazione scomoda in cui si è infilato, correndo dietro l'ennesima gonnella. Stringe le dita ruvide attorno al volante scaricando un brivido di frustrazione misto ai rimasugli di una nottata i cui lampi ancora gli intasano il cervello come un ingorgo. Il profilo della donna, i suoi ricci, la forza esplosiva intessuta nei suoi muscoli flessuosi. Non riesce ad evitare di leccarsi le labbra e sorridere, sottilmente, nonostante con ogni probabilità sia stata l'ennesima scelta sbagliata della sua vita. E' domenica e ha una macchina da riconsegnare. Fortunatamente Mare si è messa a lavorare in fretta e lui non ha dovuto nemmeno accampare una scusa o sgattaiolare fuori come un ladro nella notte. Dovrebbe riuscire a raggiungere la proprietaria dell'auto in tempo per non farsi denunciare per furto e appianare le cose. Infila la chiave, ingrana la marcia e parte inseguito dall'alba nemmeno fossero gli sbirri.
Lo sguardo verde di Noemi lo fulmina sul posto. La maglietta che ha rubato a qualcuno al posto del top corto con cui è uscita la sera le fa praticamente da vestito ma sa che sotto quel cotone sgualcito c'è una minigonna da mozzare il respiro. Le sue cosce lunghe sono livide in alcuni punti e i tacchi li regge nelle dita. Il nero del trucco le è colato sotto gli occhi ma non per questo sono meno pulsanti di livore e odio per lui. Quando scende dalla macchina e le si fa incontro ha già vestito il suo sorriso più contrito.
- Piccola scusami ma la mia ex mi ha chiamato, mio figlio... sai...
Non è la prima volta che si scherma impunemente dietro la storia dei figli. La camicia è stropicciata e sfilata dai jeans, abbottonata male e quella pulsante vena di soddisfazione che gli rende la testa leggera e le membra pesanti come piombo non riesce a nascondergliela. Il ceffone arriva senza che abbia il tempo, o la voglia, di reagire. La lascia sfogare, incassa arretrando piano e quando ne ha abbastanza fa scattare le grandi mani per ammanettarle i polsi e costringerglieli dietro la schiena. Se la tiene addosso, nonostante lei chiuda le fauci contro la sua guancia con l'intento di fargli male, Jude non batte ciglio, limitandosi a mormorare un pacato:
- Ti accompagno a casa, sarai stanca.
Basta questa piccolissima premura a farla sciogliere. La punta della lingua di Noemi gli sfiora lo zigomo addentato per strusciarsi e spingersi in punta a ricercarne le labbra. Lui le tasta la borsa alla ricerca delle sigarette che non trova ed è costretto a demordere perchè lei reclama quello che la notte le aveva promesso ma che gli eventi hanno ricombinato. Quando lei gli ha messo le chiavi della macchina in mano aveva tutt'altra idea di come sarebbe finita a vedere l'alba, ma ha ancora qualche ora per riuscire nel proprio intento. Il locale è chiuso, le strade cominciano ad animarsi e lei ha ancora voglia di fare follie. Jude non è proprio dello stesso avviso, la sua avventura l'ha avuta, inattesa, tutt'altro che calcolata ma è valsa ogni sacrificio. Quando sbatte la schiena contro la carrozzeria rossa della macchina sfiata dalle narici la propria sorpresa. Infila la mano dietro il sedere, aprendo la portiera per rigirare la ragazza e farcela cadere dentro. Staccarsela di dosso non è così semplice, una piovra avrebbe meno resistenza, ma aggira l'auto e riparte rapido verso casa, per saldare il debito. Parcheggia davanti, la strada è ancora silenziosa ma la luminosità si è fatta più vivida. E' costretto a scacciarla con una certa brutalità, per evitare di vederla chinarsi sul suo grembo lì per lì. Come ci arrivi al letto non lo sa nemmeno lui e con quale forza stoica persegua un traguardo già pienamente raggiunto non lo capisce ancora. Certo è che può schiacciare un pisolino di un paio d'ore, prima di doversi alzare e correre a confessare - anche questa volta in ritardo - dal prete dopo la messa.
- Christian questa cosa deve avere una fine.
- Padre non è colpa mia. Ho cercato di resistere ma lei sa come sono le donne.
- Sono un prete, uomini e donne sono identici agli occhi del signore.
- Sì, va bene, ma certe donne sono meglio di altre e lei aveva dei modi da gatta che... ah, dio mi perdoni ma sono un maledetto peccatore.
- Sei debole, figliolo, ma devi seriamente riconsiderare il tuo stile di vita. Già è un peccato il fatto che tu abbia interrotto il tuo matrimonio...
- E' stata lei a lasciarmi, non il contrario.
- Ma non hai fatto nulla per cercare di riconquistare il suo cuore ferito.
- Adesso è colpa mia?
- Non ho detto questo, ma non sei mai stato uno stinco di santo, ammettilo.
Le parole del prete gli ronzano nelle orecchie mentre sta chino sulle ginocchia a cercare una posizione meno fastidiosa. La fronte appoggiata sulle dita intrecciate e la testa che ancora proietta immagini della nottata passata, in parte romanzate dal rhum e da quei pochi tiri di joint.
- Le donne mi divoreranno vivo prima o poi.
- Non mi preoccuperei di quello ma di ciò che ti faranno le fiamme dell'inferno se non ti dai una regolata seria. Hai ripreso a lavorare?
- Sì padre.
- Bene, è importante che ti focalizzi su qualcosa di costruttivo, alla tua età è il caso che inizi a comportarti come un uomo e non come un adolescente ormonale.
- Sì padre.
- Hai altro da dirmi?
- A dire il vero sì...
- Avanti allora, ho altri cinque minuti di tempo da dedicarti.
- Perchè noi abbiamo così tanti santi?
- E questa da dove ti arriva?
Gli viene da sorridere. Improvvisamente l'immagine della gattina tutte trecce e bruciature gli appare vivida davanti lo sguardo. Ascolta la spiegazione senza però prestarvi la benchè minima attenzione, limitandosi a ripetere meccanicamente alcune frasi e facendo domande dall'apparenza sensate mentre nella testa si chiede se non sia il caso di fare un salto al Lady Hook, giusto per vedere se c'è o meno una lap dance pagata a suo nome, offerta da Madre Teresa.
Quando si lascia la chiesa alle spalle ha finalmente ottenuto una sigaretta, scroccata al proprio parroco con una faccia da schiaffi e l'arroganza consumata di un idiota conclamato. Scalcia una lattina mentre si trascina fino a casa, valutando di acquistare qualcosa per pranzo lungo la via, troppo stanco per riuscire anche solo a ragionare su come si accenda il microonde e si cuocia uno di quei pranzi già pronti e solo da scongelare. Tra le dita rigira il cellulare, carezzando l'idea di sentire Jody e vedere se riesce a recuperare qualche pastiglia sorridente, giusto per finire in bellezza la giornata. Questa domenica di contrizione a ridosso della Pasqua sembra non essere proprio l'ideale per pentirsi dei propri peccati. Certo, a furia di camminare con la testa per aria finirà irrimediabilmente per sbattere il grugno contro la dura verità, ma per una volta è troppo stanco anche solo per deprimersi.